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Siamo ciò che mangiamo? A cura de “Il Pellicano Onlus “

“L’uomo è ciò che mangia” affermava L. Feuerbach, ma ancora meglio, sublimando
questo concetto, nella dieta si vuole affermare il principio che “l’uomo è quanto e
come mangia”. La teoria cognitivo comportamentale, alla base della terapia medica
più validata per il trattamento dei disordini dell’alimentazione, sostiene che l’origine
di questi disturbi è imputabile a due fattori o cause principali che, in particolari
momenti della propria vita, possono operare assieme: la prima causa è la supposta
incapacità ma al tempo stesso la estrema necessità di esercitare un controllo nei vari
ambiti della propria vita come ad esempio il lavoro, la scuola, lo sport, gli affetti, ed
altri interessi. Per cui il disordine dell’alimentazione diventa una strategia di
compenso che la persona mette in atto in momenti di particolare disagio psicologico
legato ad eventi comuni o traumi che occorrono nella propria esistenza attivando
risposte emotive e comportamentali. La seconda causa è l’eccessiva importanza
attribuita al controllo del peso e della forma del proprio corpo soprattutto negli
individui che hanno interiorizzato l’ideale di magrezza imposto dalla società attuale,
un ideale che provoca insoddisfazione corporea ormai nella maggior parte delle
persone.
La persona finisce per valutarsi in modo prevalente od esclusivo attraverso la sua
capacità di esercitare un controllo psicologico sul corpo e le sue necessità in modo da
modificare la sua figura, il peso, cioè quello che in realtà è possibile misurare
oggettivamente con una bilancia o un metro. Successivamente iniziano ad operare
altri processi cognitivi e comportamentali che contribuiscono a perpetuare nel tempo
il disordine dell’alimentazione.
Tutto ciò è il risultato di una competizione fra il corpo e la mente. Da una parte il
corpo che cerca di imporre le sue necessità e i suoi bisogni, dall’altra la mente
ossessionata e progressivamente invasa come una marea da pensieri e preoccupazioni
per il peso, corpo e alimentazione e la paura di perdere il loro controllo. Nelle società
“sviluppate”, infatti, le preoccupazioni estetiche per l’immagine del proprio corpo si
focalizzano quasi esclusivamente sul peso, sul grasso e su alcune parti del corpo,
creando un notevole divario fra il sé reale e il sé ideale.
I messaggi dei media, la pubblicità e la cultura occidentale propongono e impongono
figure filiformi come grissini e spingono oggi ad identificare l’immagine interiore di
una persona con il suo aspetto fisico sentenziando: tu sei il tuo aspetto fisico, quello
che mangi, la tua capacità di controllare e decidere il tuo peso! Questa modalità di
pensiero spinge ossessivamente verso la ricerca di un corpo irrealistico fino
all’esasperazione.

 

Dott. Raffaele Ruocco

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