Disabilità, un concetto in evoluzione: la legge Basaglia e le indicazioni dell’OMS

Continuiamo il nostro excursus sull’evoluzione del concetto di disabilità.

Nel corso della storia occidentale l’uomo, nella ricerca della normalità e della perfezione, ha cercato di adeguarsi ai canoni della cultura dominante, respingendo le categorie di diversità fisica e mentale.

Dopo le efferatezze della Seconda Guerra Mondiale, arriviamo al 1961, anno di svolta per il trattamento giuridico dei pazienti psichiatrici.

LA LEGGE BASAGLIA 

Franco Basaglia, psichiatra e neurologo italiano, assunse infatti la direzione dell’ospedale psichiatrico di Gorizia. Propose una modalità alternativa al manicomio: intendeva così mettere in discussione le definizioni di salute e di malattia. Secondo Basaglia la scienza ufficiale si era occupata, fino a quel momento, di separare i malati dai sani, dando ai malati mentali l’etichetta di malati incomprensibili e pericolosi; infatti i manicomi venivano costruiti nella periferia delle città affinché la loro presenza non turbasse l’equilibrio della popolazione sana.

Nel 1978 venne varata la legge n. 180, la cosiddetta legge Basaglia, sugli «Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori». Questa legge segnava una svolta nella strada verso l’integrazione delle persone disabili, spesso assimilate ai malati mentali, riscuotendo ampi consensi in Italia e all’estero.

Nel 1981 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) pubblica l’ICIDIH ovvero la Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e degli Handicap, in grado di focalizzare l’attenzione non solo sulla causa delle patologie, ma anche sulle conseguenze. L’ICIDIH rappresenta una tappa importante nello sviluppo dei sistemi di classificazione perché è il primo strumento, nell’ambito della disabilità, in grado di studiare l’impatto che lo stato di salute ha sulla persona.

Nel 1999 arriva poi il CIF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute), strumento che prende in considerazione gli aspetti contestuali dell’individuo e permette la correlazione fra lo stato di salute e l’ambiente, arrivando a definire la disabilità come una «condizione di salute in un ambiente sfavorevole». Il CIF si propone di descrivere le funzioni, le abilità e le capacità di una persona, oltre alle sue menomazioni e ai suoi deficit.

Per la prima volta nella storia, accanto alla diagnosi medica viene considerato l’ambiente biologico, psicologico e sociale dell’individuo. Il contesto sociale costituisce, quindi, un elemento fondamentale di valutazione, in quanto influenza in modo diretto il funzionamento della persona.

Si fa quindi, finalmente, distinzione tra disabilità, handicap e menomazione.

  • Disabilità: si tratta della limitazione conseguente a menomazione della capacità di svolgere un compito o un’attività nei modi considerati normali per l’essere umano. Si considera disabile chi ha problemi temporanei o permanenti, reversibili o irreversibili. Si considera quindi diversamente abile chi non riesce più a svolgere attività e comportamenti che fanno parte della vita quotidiana.
  • Menomazione: indica la perdita o il funzionamento anomalo di una struttura o una funzione fisiologica, anatomica o psicologica e si tende quindi a parlare di disturbo. Un bambino con paresi celebrale infantile ha una menomazione fisica dalla nascita, una persona senza mano ha una menomazione fisica acquisita, mentre una menomazione psicologica può essere la schizofrenia.
  • Handicap: si considera handicappata o handicappato la persona che si trova in una condizione di svantaggio sociale a causa di una menomazione o disabilità. In questo caso i portatori di handicap sono limitati nello svolgere un ruolo normale in funzione di età, sesso, fattori culturali o sociali. Parlando di handicap significa, quindi, considerare qualcosa che si allontana dalla norma e crea una discordanza tra la condizione e le prestazioni della persona rispetto alle aspettative della società, dell’individuo e del gruppo di cui fa parte.

Si può quindi dire che, mentre la menomazione e la disabilità fanno parte dell’individuo stesso, una situazione di handicap grave o lieve è legata all’interfacciarsi del soggetto con la società. È l’incapacità, quindi, di accogliere chi compie un’attività in modo diverso rispetto a quanto considerato normale.

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