Dottor Tebala: «Nessuno specialista può curare un tumore da solo, serve lavoro di squadra»

Prima puntata con il direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Digestiva e d’Urgenza dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni.

Tumori dell’apparato digerente e patologie benigne sono gli argomenti della prima puntata in compagnia del dottor Giovanni Domenico Tebala che, dopo anni di esperienza nel Regno Unito, da marzo è direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Digestiva e d’Urgenza dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni. «Quando trattiamo un paziente con un cancro dell’apparato digerente e decidiamo una certa cura, questa decisione viene da una discussione multidisciplinare fatta insieme agli oncologi, ai radiologi e radioterapisti, ai dietisti, agli endoscopisti e a tutti gli altri specialisti coinvolti in ciascun caso».

 

Dottore, partiamo dai tumori dell’apparato digerente: quanto è importante una diagnosi precoce?

È fondamentale, perché la guarigione dipende dallo stadio in cui il tumore viene diagnosticato e trattato, per cui prima avviene la diagnosi – che significa identificarlo allo stadio iniziale – meglio è per il paziente in termini di sopravvivenza e d’invasività del trattamento. La maggior parte dei tumori sono divisi in quattro stadi, soprattutto quelli dell’apparato digerente: se operiamo un paziente al primo stadio la possibilità di guarigione è molto alta, se interveniamo al quarto di solito è impossibile o estremamente raro che guarisca.

Quali sono i tumori che colpiscono l’apparato digerente?

Praticamente tutti gli organi dell’apparato digerente o, più per esteso, tutti i tessuti del corpo umano, possono sviluppare un cancro. I tumori più comuni interessano il colon, lo stomaco, l’esofago, il fegato, il pancreas, che è il famigerato killer dell’apparato digerente, ma ci sono anche quelli – molto più rari – dell’intestino tenue e della milza, così come della bocca e dell’ano.

Quali sono i campanelli d’allarme che devono mettere in guardia?

Ogni cancro è diverso. Per i tumori del colon il primo campanello d’allarme è il sanguinamento rettale. Il sangue nelle feci è un segnale importante e di solito avviene precocemente; non bisogna aspettare il dolore o il dimagrimento perché si rischia di arrivare a uno stadio più avanzato. Più difficile è individuare il tumore al pancreas, quando si manifesta è di solito già troppo tardi. Al contrario, l’esofago e lo stomaco possono dare sintomi molto blandi come un po’ di fastidio, episodi di dolore all’addome superiore o reflusso acido; per questo il medico curante può prescrivere una gastroscopia che permette di identificare l’eventuale lesione maligna. Se si aspetta di avere sintomi importanti come, per esempio, l’impossibilità a deglutire (disfagia), potremmo già essere in una fase molto avanzata.

Come diceva, il tumore al pancreas è un vero “big killer” perché quando si manifesta è sempre troppo tardi. Non c’è nessun sintomo precoce?

Purtroppo no, per tanti motivi. Il primo è che un tumore del pancreas, anche se piccolo, può essere già metastatizzato perché la sua biologia è più aggressiva rispetto ad altri cancri. Il sintomo più frequente è l’ittero, ma quando si manifesta vuol dire che ha già infiltrato le vie biliari; potrebbe ancora essere operabile, ma il pancreas è un organo tanto vascolarizzato e la metastatizzazione, cioè la diffusione delle cellule tumorali in giro per l’organismo, avviene precocemente. Mentre la quasi totalità dei tumori del colon sono operabili all’esordio, quelli del pancreas lo sono alla diagnosi solo nel 15-20% dei casi.

 

Qual è, a oggi, la situazione della chirurgia oncologica?

La chirurgia oncologica ha avuto una enorme evoluzione negli ultimi due secoli. Il vero miglioramento però c’è stato quando si è capito che nessuno specialista da solo può trattare un cancro: è stato l’approccio multidisciplinare che ha fatto fare passi in avanti. Quando trattiamo un paziente con un cancro dell’apparato digerente e decidiamo di offrire una certa cura, questa decisione viene da una discussione multidisciplinare fatta insieme agli oncologi, ai radiologi e radioterapisti, ai dietisti, agli endoscopisti e a tutti gli altri specialisti coinvolti in ciascun caso. Infatti, la decisione di scegliere un particolare trattamento viene presa durante una riunione del nostro gruppo oncologico multidisciplinare: attraverso l’interazione delle diverse componenti si arriva a offrire un trattamento adeguato e personalizzato, che incrementa di molto le possibilità di cura. In altri termini, la chirurgia oncologica decisa e realizzata da un solo professionista, per quanto bravo e di esperienza, non esiste più, ma, come accennavo prima, si tratta sempre di un gioco di squadra. Nel trattamento dei tumori solidi dell’apparato digerente, la chirurgia è al momento la soluzione più radicale, perché si asporta – quando è possibile farlo – radicalmente; anche la radioterapia lo può essere, ma sono casi selezionati; l’oncologia medica può offrire una chemioterapia con l’intento di preparare la strada alla chirurgia, ridurre il rischio di recidive o prolungare la sopravvivenza, ma da sola raramente è risolutiva. È la sinergia di queste componenti che ha migliorato la sopravvivenza dei malati, oltre al fatto che nella chirurgia ci sono stati notevoli passi avanti in termini tecnici.

Riguardo alle ernie, quando è bene rivolgersi a un medico?

Nell’ernia inguinale o addominale la tumefazione che sporge dalla parete dell’addome o dell’inguine non è un sintomo che deve spingerci di corsa al pronto soccorso o dal medico, però, se questa tumefazione comincia a far male o interferisce con le attività quotidiane è opportuno intervenire.

Invece per quanto riguarda i calcoli alla colecisti?

Stesso discorso per i calcoli alla colecisti: se sono asintomatici possono essere tenuti anche per tutta la vita senza nessun problema. Ci si rivolge al medico in caso di sintomi. Il sintomo classico è un dolore che parte dalla parte destra dell’addome superiore – subito sotto le coste, oppure al centro sotto lo sterno – si irradia verso la scapola, insorge da mezz’ora a due ore dopo il pasto, e si associa spesso anche a nausea. Di solito passa con un antidolorifico o un antispastico, ma è consigliabile rivolgersi a un medico che ci guidi nella diagnosi e che proponga un trattamento adeguato, che può essere chirurgico. A volte, invece, il dolore non regredisce facilmente, può associarsi a febbre e/o ittero, cioè un colorito giallastro prima degli occhi e poi della pelle. In questi casi, siamo davanti a una evoluzione della calcolosi della colecisti che richiede un trattamento d’urgenza e quindi è opportuno rivolgersi al pronto soccorso.

Chi soffre di reflusso gastroesofageo come deve fare?

Il reflusso gastroesofageo si ha quando succo gastrico acido o bile risalgono su dallo stomaco nell’esofago e provocano bruciore e dolore al petto e in gola, sapore metallico in bocca, tosse stizzosa, sensazione di avere una pallina da tennis in gola. Questi sintomi possono essere trattati con un semplice antiacido, se però il reflusso è persistente, magari risponde alla terapia con le compresse ma poi riprende alla sospensione della cura o tende a peggiorare con il tempo, potrebbe essere il caso di sentire un chirurgo. Nella maggioranza dei casi il reflusso gastroesofageo ha un andamento benigno, ma in sporadici casi sfortunati ci può essere una evoluzione sfavorevole e lo sviluppo di complicanze che possono andare dalle ulcere dell’esofago al cancro dell’esofago stesso. La chirurgia del reflusso gastroesofageo, che oggigiorno si fa nella stragrande maggioranza dei casi per via laparoscopica o robotica, è estremamente efficace e ben tollerata e nella quasi totalità dei casi migliora la qualità di vita dei pazienti.

 

Continua…

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