Dottor Caniglia: «Oggi c’è sempre la possibilità di avere un donatore di midollo»

Un donatore c’è sempre, anche se è parzialmente compatibile. Le nuove tecniche hanno rivoluzionato la politica dei trapianti di cellule staminali e Perugia è all’avanguardia in questo. Selezionate in vitro e infuse come immunoterapia dopo aver effettuato il condizionamento chemio/radioterapico, le soluzioni per sconfiggere patologie oncologiche danno ottimi risultati. A fornirci maggiori informazioni è stato il dottor Maurizio Caniglia, direttore della struttura complessa di Oncoematologia Pediatrica dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia e Presidente del Comitato Etico della Regione Umbria.

Dottor Caniglia, chi sono i suoi pazienti?

Abbiamo pazienti affetti da patologie oncologiche, ematologiche, da tumori solidi e da patologie ematologiche non neoplastiche come le anemie aplastiche severe, le anemie congenite e le emoglobinopatie, ma fondamentalmente la popolazione che seguiamo è affetta da leucemie, linfomi e tumori solidi.

Qual è la loro l’età?

Da un anno fino a 22 anni, per quello che riguarda le leucemie: è stato dimostrato che, con le terapie oncologiche pediatriche, essendo queste più aggressive, si ottengono risultati migliori negli adolescenti e giovani adulti. Il fisico di un ventenne ha infatti una modalità di risposta diversa rispetto a quella di un sessantenne, quindi l’approccio pediatrico più aggressivo ha dei risultati migliori e per questo capita spesso di avere pazienti anche di età superiore, altrimenti la maggioranza sono bambini piccoli.

Da dove arrivano?

Naturalmente dall’Umbria, ma anche dalla bassa Toscana , Marche, Alto Lazio; l’Istituto di Ematologia Adulti di Perugia ha una tradizione trapiantologica molto importante e riconosciuta a livello internazionale e anche la popolazione pediatrica – grazie un programma trapianti unico diviso in due unità, ma con laboratori di ricerca e di manipolazione delle staminali uniti – può accedere a queste strategie terapeutiche: ciò ha consentito di essere un punto di riferimento per pazienti che vengono anche dall’estero. Molti arrivano dal Sud America, dall’Est Europa o dal Nord Africa. E ovviamente da altre regioni d’Italia. È una popolazione molto variegata. Inoltre, la regione Umbria ha un programma umanitario di assistenza per pazienti oncoematologici pediatrici che non fanno parte della Comunità Europea: questo ha consentito e consente di accogliere chi non ha la possibilità di pagare questo tipo di cure proveniente da molti Paesi del mondo. C’è poi il Comitato Chianelli, che li ospita nella struttura dedicata ai pazienti ematologici. Poi ci sono dei Paesi come il Venezuela che, anni fa, aveva fatto una convenzione con l’ospedale di Perugia per cui, non potendo effettuare questo tipo di trattamento, finanziava i suoi cittadini per venirlo a fare in Italia e noi siamo stati tra i centri in Italia che hanno accolto molti bambini venezuelani.

Qual è il rapporto tra il reparto e il Comitato per la Vita Daniele Chianelli?

La presenza del Comitato Chianelli è fondamentale, in particolare per i pazienti non residenti in Umbria. Mette infatti a disposizione un residence a pochi metri dall’ospedale che consente di effettuare le terapie che occorrono senza dover essere ricoverati per periodi prolungati. Questo è molto importante, perché sarebbe impossibile per pazienti non residenti sottoporsi al periodo di monitoraggio post terapia o post trapianto, che è molto lungo. Ma il Comitato Chianelli è presente con tante iniziative e sostiene molte famiglie indigenti o in difficoltà.

Ci spieghi in modo semplice i trapianti innovativi che fate.

Oggi non c’è più la possibilità di non avere un donatore. Il donatore ce l’hai sempre, perché si possono fare diverse tipologie di trapianto. Ma facciamo un passo indietro. Prima si effettuavano trapianti soltanto su pazienti che avevano un fratello compatibile, solo che la percentuale di compatibilità non va oltre il 25-30%. L’alternativa era di accedere ai registri delle banche di donatori, che hanno messo a disposizione a livello mondiale circa 10 milioni di potenziali donatori di cellule staminali. Questo soprattutto nei Paesi più sviluppati: ci sono alcune zone dell’Asia e dell’Africa dove la cultura della donazione non esiste. Ma anche nel caso delle banche di donatori c’è la possibilità di non identificare un donatore compatibile oppure di trovarlo dopo molto tempo: per alcune patologie neoplastiche, come la leucemia, la rapidità delle terapie è fondamentale. Quindi il poter effettuare un trapianto da donatore familiare parzialmente compatibile ha dato una possibilità enorme di intervenire velocemente.

Di cosa si tratta?

Si tratta di un trapianto complesso e Perugia su questo ha una tradizione molto lunga, perché è stata la prima – tra i pochi centri in Italia – ad aver sviluppato questa forma di trapianto a livello mondiale, grazie al professor Massimo Fabrizio Martelli e ai suoi collaboratori ed è stata proseguita negli anni con sempre maggiori successi. Si chiama trapianto aploidentico con una deplezione delle cellule T: e con infusione successiva di cellule T regolatorie e T convenzionali sono cellule che vengono selezionate in vitro. Ciò richiede un supporto laboratoristico molto sofisticato, quindi non tutti i centri possono effettuare questo tipo di trapianto. In alternativa c’è il trapianto parzialmente compatibile T repleto, che non necessita cioè della manipolazione delle cellule staminali; in questo caso le cellule vengono infuse nel paziente senza una selezione e successivamente viene effettuata una terapia immunosoppressiva che consente di accettarle anche se sono parzialmente compatibili. Quest’ultimo trattamento è molto più semplice da effettuare, ha dei buoni risultati e quindi si è molto diffuso nel mondo. Invece, il trapianto allogenico parzialmente compatibile T REG che facciamo a Perugia – sia nei bambini sia negli adulti – è molto più complesso e difficile da effettuare, ma consente di ottenere dei risultati migliori nel controllo delle recidive di malattia a lungo termine e questo è molto importante per malattie altamente aggressive. Per questo molti scelgono Perugia, proprio per sottoporsi a questo tipo di trattamento.

Il reparto è un’eccellenza anche per quanto riguarda la degenza dei bambini…

Sì. Il Comitato per la Vita Daniele Chianelli ha un impatto molto importante sull’Ematologia, fornendo all’Azienda Ospedaliera una serie di figure professionali di supporto che lavorano di concerto con quelle istituzionali grazie a un accordo con l’Azienda Ospedaliera che ci supporta molto e che sono fondamentali nella presa in carico del paziente a 360 gradi, soprattutto se parliamo di bambini nell’età evolutiva. Abbiamo gli psicologi, l’assistente sociale, i volontari e gli assistenti ludici. In più ci sono gli insegnanti che svolgono attività scolastica, sia per i bambini ricoverati sia per quelli seguiti in day hospital: chi fa chemioterapia aggressiva non può frequentare la scuola. All’interno del reparto si possono svolgere le elementari, le medie e il liceo, così da non interrompere il percorso scolastico. A queste si aggiungono attività di supporto come la musicoterapia, l’arte terapia e la fisioterapista; è un vero gruppo multidisciplinare che coopera insieme a medici, infermieri e operatori sanitari per la presa in carico dei pazienti, creando un ambiente particolare e ovattato così da rendere la vita dei piccoli pazienti il più normale possibile.

In questi anni di pandemia ci sono stati dei rallentamenti nei trapianti o nelle cure?

No. Abbiamo continuato la nostra attività in maniera continuativa e regolare, naturalmente con tutte le difficoltà legate al Covid, ma non c’è stato nessun rallentamento.

Ha qualche storia da raccontarci?

Ce ne sono tante. Mi viene in mente la storia di una bambina venuta dal Pakistan con una malattia grave e rara. È arrivata con la mamma grazie all’intervento della Regione Umbria, che l’ha presa in carico e ospitata al residence Chianelli. La bambina è stata trapiantata. Lei e la mamma erano sole in un Paese straniero e per aiutarle c’è stata una gara di solidarietà da parte di tutti; tra poco rientrerà guarita nel suo Paese. Poi ricordo un ragazzo marocchino di 18 anni arrivato in condizioni terribili, nel suo Paese lo davano per spacciato e incurabile. È stato sottoposto al trapianto aploidentico utilizzando il fratello come donatore: adesso sta benissimo e ha una vita normale., o un ragazzo Venezuelano che malgrado le grandi difficoltà nel suo paese è riuscito a venire in Italia e ha effettuato il trapianto con la madre e adesso sta benissimo in Venezuela. Ma di storie ce ne sono tante belle e meno belle, ma sempre degne di essere ricordate.

Se il trapianto e le cure vanno bene, si è completamente fuori dalla malattia?

Se si è guariti sì, perché a differenza di altri tipi di trapianto di organi – dove va fatta una terapia per tutta la vita – il trapianto di midollo una volta accettato non deve essere più trattato.

Ho letto che fate assistenza domiciliare…

Sì. Le racconto a tal proposito la storia di un ragazzo di 15 anni arrivato dall’Uruguay. È venuto a Perugia per curarsi perché una parte della sua famiglia abitava qui, ma la leucemia è recidivata e ha avuto bisogno del trapianto. Tutto è andato bene, solo che nella fase post trattamento si è ammalato di Covid, quindi è stato ricoverato per due mesi in malattie infettive in isolamento, perché nonostante non avesse più sintomi restava positivo. Il giovane è andato in crisi depressiva ed era disperato dopo tutto questo tempo in ospedale – tra Covid e trapianto – allora gli abbiamo consentito di tornare a casa, ma finché non si negativizzava non poteva venire in ospedale per i controlli, così un medico e un infermiere andavano da lui per controlli e terapie. Questo ha contribuito molto positivamente sulla ripresa e sulla qualità di vita del ragazzo e della sua famiglia. Sono molto legato al servizio di assistenza domiciliare, che svolgiamo da anni grazie ai fondi della Società Italiana Leucemie. È un servizio che copre non solo Perugia, ma tutta l’Umbria, e questo è possibile anche perché il Comitato Chianelli ha donato una macchina: un’infermiera in questo modo può raggiungere i posti più disparati della regione e da qualche mese siamo in grado di offrire anche il servizio di un medico ematologo e di una psico-oncologa che si recano a domicilio dei pazienti consentendo di non venire in continuazione in ospedale.


Maurizio Caniglia
Direttore Struttura Complessa Oncoematologia Pediatrica,
Direttore Dipartimento Materno Infantile Azienda Ospedaliera di Perugia
Piazzale Menghini 1, 06129
Sant’Andrea delle Fratte (PG)
075 5783201
maurizio.caniglia@ospedale.perugia.it

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