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La gestione delle emergenze: il 118

Tutti noi siamo consapevoli del grande lavoro svolto ogni giorno dal 118 per la gestione delle emergenze e urgenze sanitarie, lavoro che è diventato, se possibile, ancora più determinante in questo periodo pandemico.

Per capire meglio quali sono i servizi svolti dal 118 e come è organizzato nella nostra regione, abbiamo intervistato Francesco Borgognoni, responsabile della centrale regionale del 118 in Umbria.

Dott. Borgognoni, che cos’è il 118 e quali servizi assolve?

Il 118 è un sistema di emergenza urgenza extra ospedaliero che provvede a gestire i casi – appunto preospedalieri – per la valutazione e il trattamento immediato sul posto ed eventuale successivo trasporto nella sede opportuna, che non è necessariamente l’ospedale più vicino ma è l’ospedale giusto per quel tipo di patologia.

In Umbria come si struttura?

In Umbria il sistema è strutturato con una centrale operativa unica regionale che si trova presso l’azienda ospedaliera di Perugia e da una serie di postazioni periferiche su tutto il territorio, con medici, infermieri, autisti e altro personale che provvede all’effettuazione fisica degli interventi. Tali impostazioni sono a carico della Usl Umbria 1 e della Usl Umbria 2. Il sistema centralizzato regionale consta di operatori – medici e infermieri – formati, che processano la telefonata di soccorso, in gergo chiamata dispatch, in base a una serie di domande. Alcune di queste sono predefinite, altre sono di competenza specifica dell’operatore e permettono di classificare la gravità dell’evento, disponendo l’intervento sul territorio con le ambulanze adeguate. Ci sono varie ambulanze distribuite su tutto il territorio regionale e così costituite: ambulanze con infermieri, ambulanze con medici, auto mediche (mezzi aggiuntivi che portano il medico dove c’è necessità), e poi c’è, in comproprietà con la Regione Marche e mediante un accordo specifico, l’elisoccorso, di stanza presso la base di Fabriano.

Per quello che riguarda il lago Trasimeno c’è invece una convenzione con un’associazione che provvede al trasporto del personale sanitario in soccorso agli abitanti delle isole, nonché dei turisti, specie nella stagione estiva.

Quante sono le chiamate, diciamo così, che potrebbero essere evitate?

Premetto che, da gennaio 2020, la telefonata del cittadino non arriva in prima battuta al 118 perché, essendo stato istituito il cosiddetto numero unico dell’emergenza 112, qualunque cittadino delle Marche e dell’Umbria faccia una telefonata di soccorso ai numeri 112, 113, 115 e 118 viene deviato alla centrale unica di risposta, che fisicamente si trova ad Ancona. Qui la telefonata viene processata in poche decine di secondi e inoltrata alla centrale di secondo livello di competenza.

Quindi se è un problema di incendio, la chiamata verrà inoltrata Vigili del Fuoco, se è un problema di ordine pubblico alla Polizia o Carabinieri, se è un problema sanitario al 118. È ovvio quindi che da gennaio 2020 la funzione filtro viene fatta fondamentalmente dal 112, quindi al 118 arrivano solo le chiamate che hanno effettivamente necessità.

Questo passaggio in più non rallenta il processo?

Il rallentamento è pressoché impercettibile. È vero che c’è una triangolazione, ma gli adempimenti svolti dalla centrale – quindi la produzione di una scheda con le caratteristiche del paziente, anagrafica e geolocalizzazione – consentono di attivare direttamente la centrale di secondo livello, che quindi si deve occupare solo della parte sanitaria. Direi pertanto che non c’è un ritardo apprezzabile. Addirittura in regioni in cui il numero unico 112 è presente da anni, i dati ci dicono che non solo non ritarda, ma in alcune occasioni addirittura accorcia tutto il processo.

In termini di percentuale, se può fare una stima, di quanto sono aumentate le chiamate al 118 da quando è iniziata la pandemia?

Bisogna considerate che l’anno 2020 è molto diverso rispetto al 2019, proprio per la presenza della centrale unica di risposta. Non ho le percentuali, ho però un report di quelli che sono gli interventi operativi. Per esempio nel 2019, che è l’anno pre-covid, abbiamo avuto oltre 71.600 interventi a fronte di oltre 170.000 chiamate. Nel 2020, probabilmente perché c’era il lockdown, oltre a non aver avuto chiamate per traumatologia stradale, abbiamo registrato un dato molto preoccupante, cioè la riduzione di chiamate anche per patologie importanti che invece avevamo nell’anno precedente. Questo probabilmente perché la popolazione era spaventata, non voleva andare in ospedale per non rischiare di prendere il Covid. Quindi nel 2020 abbiamo assistito a una riduzione sensibile del numero di interventi che è sceso a circa 66.000.

Nel corso del 2021, invece, si è verificato il rimbalzo: con le riaperture sono ricomparse tutte le patologie traumatiche, legate alla circolazione stradale, agli incidenti sul lavoro, etc. In più si è registrato un aumento legato alle patologie del Covid. Tutto questo ha fatto salire gli interventi a oltre 81.200, superando addirittura il dato del 2019.

Ascoltandola ho percepito una struttura dall’organizzazione impeccabile e molto efficiente.

È una macchina molto complessa che deve essere gestita in modo oculato e che ha necessitato di un’implementazione in fase Covid. Abbiamo aumentato le possibilità di intervento durante questi due anni di pandemia, incrementando il numero dei mezzi a disposizione sul territorio, perché ovviamente le chiamate erano maggiori e perché c’erano degli aspetti tecnici che hanno dilatato i tempi degli interventi. Infatti, in condizioni pre-Covid, la sanificazione veniva fatta solo in modo mirato su alcune problematiche specifiche; oggigiorno siamo obbligati, una volta terminato l’intervento e quindi una volta consegnato il paziente alle cure  dei colleghi del pronto soccorso, ad avviare un adeguato processo di sanificazione del mezzo per la sicurezza dell’equipaggio e anche del paziente successivo. E questo comporta un allungamento dei tempi.

Per mantenere alta questa efficienza e rimanere aggiornati sui nuovi protocolli, ci sono programmi di formazione per gli operatori?

Dietro a questi aspetti organizzativi c’è un’attività formativa importante. Ci sono diversi centri nella regione, io dirigo tra l’altro quello di formazione dell’Usl Umbria 1, in quanto direttore scientifico del centro. Abbiamo un centro di simulazione presso il vecchio ospedale di Marsciano, che 10 anni fa cadde in disuso con la nascita di quello di Pantalla. Qui facciamo costantemente corsi di aggiornamento; ci eravamo fermati nel periodo pandemia, ma abbiamo già ricominciato. Facciamo corsi di aggiornamento professionale e di simulazione, così che i vari professionisti siano sempre aderenti alle ultime linee guida, sviluppando sia technical skills – le competenze tecniche – sia non technical skills, che sono essenziali alla buona riuscita dell’evento in emergenza urgenza. È importante sottolineare che la buona riuscita di un intervento d’emergenza è un concetto di squadra, dove il team affiatato, ben strutturato e soprattutto con alle spalle un’expertise notevole, riesce ad affrontare una situazione su cui si è formato non solo sul campo, ma anche in sala di simulazione.

Prima di concludere mi preme rivolgere un grande encomio a tutti gli operatori di qualunque ordine e grado, sia sanitari sia delle associazioni: hanno dimostrato veramente un attaccamento al lavoro e uno spirito di sacrificio importantissimo. Il numero di ore lavorate in questo periodo è schizzato in alto oltre ogni aspettativa, e questo ha determinato da una parte un affaticamento, ma dall’altro una presenza costante a fianco del cittadino, così che venga tutelato nel miglior modo possibile. Quindi un ringraziamento a tutto il sistema e agli operatori, perché ciò che conta veramente in un’azienda è quello che viene chiamato capitale intangibile: non il numero delle ambulanze o la strumentazione, ma il suo fattore umano che, specialmente in questo periodo, è stato determinante.

 

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