In occasione della Giornata mondiale del cuore (World Heart Day) che si è celebrata il 29 settembre scorso e che ha l’obiettivo di informare e sensibilizzare i cittadini sull’importanza della prevenzione delle malattie cardiovascolari, abbiamo incontrato la dottoressa Chiara Andreoli, dirigente medico di cardiologia all’Ospedale San Giovanni Battista di Foligno. Oltre a una carrellata sulle attività che caratteriìzzano il reparto di cardiologia dell’ospedale umbro, alla dottoressa abbiamo chiesto di parlarci delle malattie dell’apparato cardiovascolare, di prevenzione e diagnosi e delle terapie disponibili.
Dottoressa Andreoli, vuole presentarci il reparto di cardiologia dell’ospedale di Foligno intendendo prestazioni, attività ambulatoriali, bacino d’utenza, etc…?
L’Ospedale di Foligno, come saprete, è il terzo Polo dell’Umbria. Ci sono le due aziende ospedaliere di Perugia e di Terni e a seguire c’è Foligno.
Il bacino di utenza arriva anche nelle zone di Orvieto e Cascia/Norcia che purtroppo, ultimamente, sono un po’ sguarnite dal punto di vista delle strutture sanitarie. Inoltre, anche se l’Ospedale di Foligno appartiene alla Asl 2, nel bacino d’utenza si include spesso la zona di Cannara e Santa Maria degli Angeli, che possono essere considerate più vicine a Foligno che non a Perugia, soprattutto quando si tratta di patologie cardiovascolari.
Mi riferisco ad esempio all’infarto, che necessita di una tempestiva rivascolarizzazione e per cui è necessario rivolgersi tempestivamente a un ospedale con un servizio di emodinamica, come quello di Foligno. Qualora si presentasse in pronto soccorso a Orvieto un paziente con una sindrome coronarica, con un infarto o con una patologia ischemica acuta, deve essere trasferito presso l’ospedale più vicino in grado di rivascolarizzarlo, che può essere Terni, oppure appunto Foligno.
Al di là del servizio di emodinamica, che è la parte interventistica che si occupa di riaprire le coronarie ostruite e quindi di trattare le situazioni in generale di ischemia o di infarto, il reparto svolge anche un’attività di tipo interventista, che è quella più mirata alla parte elettrica del cuore: l’impianto di pacemaker, l’impianto di defibrillatori, l’impianto di dispositivi che possono cercare di migliorare la contrattilità del cuore, in cuori che hanno ormai la cicatrice di un infarto o di una pregressa infezione o una patologia congenita.
Nel nostro reparto di cardiologia sono presenti quattro posti letto di terapia intensiva coronarica e altri 12 posti letto legati alla degenza ordinaria; purtroppo, per la pandemia, è stato necessario aggiungere altri posti letto che possono essere destinati ad accogliere pazienti positivi.
Il servizio ambulatoriale, poi, si occupa di visite cardiologiche che possono essere richieste tramite Cup dal medico di base. È stato aperto di recente un Cup di secondo livello, quindi siamo in grado di seguire pazienti con patologie più indirizzate: facciamo ambulatorio di secondo livello dello scompenso cardiaco, della cardiopatia ischemica, aritmologico e chiaramente di ecocardiografia. Il laboratorio di ecocardiografia lavora tutti i giorni con ecocardiogrammi di follow up, che possono essere richiesti non solo tramite ambulatorio di secondo livello ma anche dai medici di base.
E poi c’è il servizio di test ergometrico, la famosa prova da sforzo. Quando vogliamo mettere sotto sforzo il cuore di un paziente, dobbiamo fondamentalmente incrementarne la frequenza cardiaca e possiamo farlo nella maniera più fisiologica in assoluto, mettendolo su una bicicletta o su un tapis roulant e registrando il suo elettrocardiogramma. Nei casi in cui può essere necessario fare un ecocardiogramma da sforzo, mentre il paziente sta pedalando, si valuta non solo l’elettrocardiogramma ma anche l’ecografia verificando, con una sonda, la contrattilità di tutte le zone del cuore. Oppure, è possibile eseguire l’eco stress, quindi un’ecografia in cui non è il paziente a esercitarsi, quindi a fare sforzo, ma il medico che somministra un farmaco e l’effetto di questo farmaco determina un incremento della frequenza cardiaca.
Sempre negli ambulatori si eseguono i servizi di posizionamento e lettura degli Holter, apparecchi che permettono di registrare l’attività elettrica del cuore per un periodo continuativo, e di controllo dei pacemaker, cioè i pazienti impiantati vengono anche gestiti nel follow up presso l’ambulatorio di controlli di pacemaker.
Si può fare fisicamente, quindi dando l’appuntamento ai pazienti canonicamente ogni circa 6-8 mesi, oppure da remoto, cioè in soggetti che hanno difficoltà a recarsi in ambulatorio, oppure in pazienti che hanno dei defibrillatori, quindi dei dispositivi impiantati in cuori che possono avere delle problematiche, diamo una sorta di router wifi che viene messo nel comodino dal paziente quando dorme e ci permette di vedere i dati trasmessi ogni giorno per poter evidenziare delle problematiche e darci la serenità di rivedere il paziente a distanza meno ravvicinata.
Siamo inoltre in contatto con i colleghi della radiologia per le miocardioscintigrafie; con i colleghi di medicina nucleare per le miocardioscintigrafie da sforzo – un analogo della prova da sforzo in cui però è il tracciante nucleare che ci fa capire se c’è una zona del cuore da dover rivascolarizzare; con i colleghi della risonanza magnetica perché è possibile effettuare delle risonanze magnetiche cardiache e delle TAC del cuore. La TAC del cuore ha un’utilità quando vogliamo vedere le coronarie di un paziente per escludere che ci siano delle problematiche nel momento in cui la probabilità che questo paziente abbia un’occlusione coronarica è basso o intermedio, perché nei casi in cui io pensi che quel paziente abbia un’alta probabilità di avere un’occlusione coronarica ricorro direttamente non alla TAC coronarica ma alla coronarografia.
Ho letto che – ahimè – malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte nel mondo e in Italia sono responsabili di circa il 35% dei decessi. Quali sono le malattie cardiovascolari più diffuse e qual è la causa di questa grande diffusione?
Le malattie sono molte e la causa di questa grande diffusione è la presenza di fattori di rischio che molto spesso vengono trascurati o presi sottogamba. I principali fattori di rischio che determinano l’incremento di patologie ischemiche – quindi angina, infarto, problematiche coronariche – sono il sesso maschile, l’ipercolesterolemia, la familiarità, il diabete, l’ipertensione e il fumo.
Per il sesso maschile purtroppo non si può fare nulla (ride, ndr). Per quanto riguarda l’ipercolesterolemia, facendo ambulatorio e parlando con i pazienti ci accorgiamo di quanto sia diffusa l’idea che il colesterolo sia normale, perché sul referto degli esami di laboratorio non c’era asterisco. Se ci avete fatto caso, la voce LDL (low density lipoproteins), il famoso colesterolo cattivo – cioè quello che è in grado di depositarsi sulle pareti dei vasi che portano il sangue al cuore (le coronarie) e quindi provocarne l’ostruzione – non ha vicino un range di normalità perché non c’è un range di normalità uguale per tutti che consenta di mettere un asterisco in automatico. L’obiettivo del nostro colesterolo LDL dipende dal paziente: io combatto per avere un colesterolo LDL sotto 55 in un paziente a rischio altissimo, quindi già infartuato, diabetico, con insufficienza renale severa o con un pregresso ictus; in una donna giovane che non fuma, che non è ipertesa, il rischio è basso, quindi mi accontento di una colesterolemia LDL inferiore a 116. Sono però sempre bassi e in realtà spesso le persone hanno dei valori più elevati. Perché? Perché il colesterolo è indispensabile per la sopravvivenza. Noi lo produciamo perché è il mattoncino con cui si fanno le membrane cellulari, quindi ci sono dei soggetti in cui la produzione geneticamente di colesterolo è più alta e quindi questi soggetti possono essere a maggior rischio.
Non a caso un altro dei fattori incisivi sulle problematiche ischemiche è purtroppo la familiarità: ci sono soggetti che non solo hanno familiarità per infarto – il famoso uomo giovane di 45 anni che va in bicicletta e non fuma è sano, eppure si ricovera per l’infarto e se vai a chiedere, ha avuto lo zio con l’infarto, il padre con l’infarto e il nonno con l’infarto – ma anche esami del sangue che presentano, e non a caso, una colesterolemia elevata.
Altro importantissimo fattore di rischio è il diabete, conclamato o alterazioni della glicemia in una fase iniziale. Si tratta di soggetti che non hanno necessità di prendere farmaci per abbassare la glicemia, ma che comunque non hanno una glicemia normale.
Altro importantissimo fattore di rischio è il fumo, che incrementa molto il rischio di infarto, ma anche il rischio di altre patologie non soltanto cardio ma soprattutto vascolari. Mi riferisco agli aneurismi – che possono essere aneurismi del tratto iniziale del cuore, quindi il tratto tubulare della aorta ascendente, che sono di pertinenza cardiologica e poi cardiochirurgica se sono da operare – ma anche aneurismi di arterie periferiche, quindi le arterie femorali, l’aorta addominale eccetera.
E poi, sicuramente, l’ipertensione. Altra patologia molto diffusa è lo scompenso cardiaco: un cuore che è affaticato e che ha una riduzione della sua funzione di pompa. Il cuore è un muscolo e quando si contrae di meno dà astenia, debolezza, accumulo di liquidi…
E poi ci sono tutte le problematiche aritmiche che possono essere primitive, quindi patologie dei canali ionici, cioè delle pompe che gestiscono i flussi del sodio, potassio, calcio a livello del circuito elettrico del cuore, oppure aritmie che sono l’esito di cicatrici che si sono già verificate nel cuore molto spesso come conseguenza di pregressi infarti o di pregressi e miocarditi.
Quali sono i sintomi che dovrebbero allarmarci o quantomeno farci preoccupare un pochino?
Parlando fondamentalmente di Cardiopatia Ischemica, i sintomi che ci allarmano sono una sintomatologia anginosa. Cosa vuol dire? Chiaramente non ci sono sintomi identici per tutti, ma una sintomatologia che può far pensare a una problematica cardiaca è un dolore toracico non di tipo trafittivo, puntorio, tipo crampo, ma un dolore prevalentemente oppressivo, quindi un senso di costrizione al torace, come una morsa che quasi impedisce di respirare e che spesso viene irradiata al collo e dà un senso proprio di costrizione al giugulo. Questo dolore può essere anche irradiato al braccio, spesso al sinistro, però non necessariamente è un’associazione presente. Quindi il sintomo che al cardiologo non piace, è un dolore che è riferito come oppressivo e che soprattutto si verifica da sforzo e cessa dopo due minuti di riposo: in questo caso si deve accendere un campanello d’allarme, perché potrebbe significare che nel momento in cui il cuore ha maggiore necessità di ossigeno, questo non arriva.
Soprattutto pazienti con diabete a volte possono anche avere degli infarti senza accorgersi; a volte si ricoverano con un infarto presente da ore perché hanno avuto sì un senso di dolore e di fastidio, ma che viene localizzato nella parte alta dello stomaco facendo pensare a un’indigestione. Però indagando un po’, probabilmente si tratta di persone che quando camminavano in salita avevano un po’ di difficoltà a respirare, un senso di oppressione. Anche quello è un campanello di allarme.
Per quanto riguarda invece le patologie aritmiche, tornando al circuito elettrico del cuore, i sintomi che destano maggiore preoccupazione sono svenimenti, quindi, la perdita di coscienza.
I sintomi invece dello scompenso sono affanno, le gambe che si gonfiano, la progressiva difficoltà nello svolgere le attività; in questo caso parliamo di soggetti che hanno un’età più avanzata.
Quanto è importante la prevenzione e concretamente, in cosa consiste? Come dobbiamo comportarci? Qual è lo stile di vita adeguato?
Ecco stile di vita è l’espressione giusta, la prevenzione direi che più che importante, è proprio fondamentale perché al di là di quello che dicevo, quindi il sesso maschile e la familiarità sui quali non si può assolutamente fare nulla, così come per l’età che avanza che aumenta la prevalenza di alcune patologie, abbiamo parlato di ipertensione, abbiamo parlato di iperglicemia, abbiamo parlato di ipercolesterolemia, abbiamo parlato di fumo e chiaramente di utilizzo di altre sostanze eccitanti, e questo e fa parte di uno stile di vita che non è sano. Lo stile di vita sano è quello in cui non si fuma, si fa attività fisica di tipo aerobico, si fa una dieta bilanciata in cui non ci sia eccessiva introduzione di cibi grassi o particolarmente dolci. Noi abbiamo la fortuna di poter fare una dieta mediterranea e non ci sono alimenti che vanno banditi però ci deve essere intanto un normopeso, perché situazioni di sovrappeso e obesità sono prevalentemente associate a problematiche sia glicemiche sia di colesterolemia. Quindi è importante seguire una dieta sana, fare attività fisica e direi che nell’ambito della prevenzione di sicuro rientra il controllo dei valori pressori: anche in soggetti giovani a volte può esserci il riscontro di valori pressori elevati, che in alcuni casi possono dover essere trattati.
Mi ricollego proprio a questo discorso. C’è un’età consigliata per iniziare a seguire dei controlli periodici oppure l’assenza di sintomi può farci stare tranquilli?
Direi che le donne possono permettersi di farsi vedere un po’ più in là con gli anni, nel senso che nel periodo di fertilità di una donna gli estrogeni hanno un effetto di protezione sull’apparato cardiovascolare. Chiaramente, il discorso è valido se questa donna non assume terapia contraccettiva e non fuma, altrimenti il rischio cardiovascolare comunque aumenta. Il momento in cui assolutamente devono farsi vedere è quello perimenopausale perché è quello in cui iniziano ad avere riscontro di valori pressori un po’ più elevati o di aritmie legate alle variazioni ormonali.
Per quanto riguarda gli uomini, anche qui va tutto rapportato al soggetto, perché se si tratta di un uomo che fa attività fisica, che è sano, che non fuma, che non ha familiarità per cardiopatia, può tranquillamente fare una visita cardiologica, diciamo, sui quarant’anni.
Se si tratta di un soggetto che ha già un rischio noto perché ha valori di colesterolemia più elevati o ha familiarità, beh, allora magari è necessario anticiparla.
Comunque il consiglio principale è quello quantomeno di controllare i valori pressori periodicamente e in effetti è un qualcosa che sostanzialmente spesso viene fatto. Penso magari alle visite di sorveglianza che si fanno per il lavoro. Il monitoraggio dei valori pressori è banale ma è assolutamente indicativo.
Infine è importante osservare attentamente gli esami di laboratorio valutando, appunto, se i valori di colesterolemia sono realmente quelli desiderabili.
Può illustrarci in maniera semplice le principali evoluzioni nel campo della diagnosi e della cura delle malattie cardiovascolari e dirci com’è la situazione in Umbria?
Si parte dall’elettrocardiogramma, strumento vecchio validissimo, che sotto l’occhio esperto può essere in grado di evidenziare molte problematiche. Poi, in termini aritmici, l’elettrocardiogramma holter in alcuni soggetti che hanno delle aritmie, quindi extrasistola, tachicardia; può essere richiesta una prova da sforzo per valutare l’andamento di queste aritmie durante lo sforzo o una risonanza magnetica del cuore di cui vi accennavo.
Per quanto riguarda la problematica ischemica, anche qui l’elettrocardiogramma, l’ecocardiogramma, la prova da sforzo e, ai fini di evidenziare se c’è una sottostante cardiopatia ischemica, può essere necessario un ecostress, un miocardioscintigrafia o la TAC coronarica di cui vi parlavo prima.
Il tutto perché fortunatamente abbiamo più strumenti che ci permettono di fare la diagnosi, tra l’altro ci sono anche strumenti laboratoristici che ci permettono di fare la diagnosi più agevolmente. Penso al caso di soggetti che accedono in pronto soccorso con una sintomatologia di dolore toracico o analogo, ai quali giustamente i colleghi del Pronto Soccorso, tra gli esami di laboratorio prelevano la famosa troponina, gli enzimi. Si tratta di una sostanza che è contenuta nelle cellule del cuore. Se io trovo nel sangue di questi soggetti incrementi anche significativi del valore di questa sostanza, vuol dire che alcune cellule del cuore sono morte e ne hanno riversato il contenuto, ed è una spia che ci dice di andare a cercare la causa di questa morte.
Dal punto di vista non solo della diagnosi, ma soprattutto della terapia fortunatamente l’evoluzione dei tempi e delle tecnologie ci aiuta molto perché si è arrivati a creare delle reti per l’infarto che permettono di rivascolarizzare in tempi quanto più rapidi possibili i cuori con le occlusioni coronariche con l’impianto di “stent” attraverso l’angioplastica percutanea nei casi in cui è possibile fare quest’intervento, e non è necessario un intervento cardiochirurgico.
Nell’ambito dello scompenso di cui accennavo prima, si può sottoporre il paziente all’impianto di dispositivi detti di resincronizzazione cardiaca: si tratta di tre cateteri messi in varie parti del cuore che ci permettono di aiutare la parte destra e la parte sinistra del cuore a muoversi insieme e soprattutto uno di questi due cateteri non ha solo funzione di stimolare il cuore, di farlo contrarre, ma ha anche funzione di defibrillare, analizza cioè 24 ore su 24 il ritmo del paziente e nel caso di un’aritmia grave è in grado spontaneamente di interromperla da solo, erogando lo shock, quindi defibrillando e salvando la vita a quel soggetto.
Sempre in termini di dispositivi di impianto, abbiamo il defibrillatore che si può impiantare anche sottocute, quindi un sistema assolutamente esterno al torace che riduce il rischio di complicanze vascolari e il rischio infettivo. Si è arrivati anche proprio a miniaturizzare questi dispositivi, abbiamo impiantato ad esempio dispositivo leadless, così chiamato, quindi è un pacemaker senza fili. È grande sostanzialmente come una pennina USB e viene rilasciato tramite un sistema introdotto dalla vena femorale nella punta del cuore. Rimanendo lì, è in grado di stimolarlo senza necessità di dover incidere e mettere dei fili che possono dare delle complicanze. Per nostra fortuna, la tecnologia è in rapidissima evoluzione.