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«La malattia di un bambino coinvolge la famiglia, le ripercussioni vanno affrontate con la stessa attenzione della parte medica»

A parlare è il professor Alberto Verrotti, direttore della Struttura Complessa di Pediatria dell’azienda ospedaliera di Perugia.

Il reparto di pediatria dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, diretto dal professor Alberto Verrotti di Pianella – anche docente presso l’Università degli Studi di Perugia – garantisce ai suoi pazienti (da 0 a 16 anni) cure mirate e specializzate anche per le malattie rare.
Ricerca e assistenza sono alla base del reparto universitario che procede verso l’individuazione di nuove cure nonostante le difficoltà del periodo storico attuale.

Prof. Alberto Verrotti

Professore, com’è strutturato il reparto?

È diviso in due settori: da una parte c’è la degenza, dove sono ricoverati i bambini con problemi importanti e dove facciamo assistenza alle problematiche acute di improvvisa insorgenza come malattie infettive, traumi e patologie di vario tipo. In questa porzione c’è una piccola parte Covid, in cui vengono ricoverati i pazienti che sono risultati positivi al tampone pre-ricovero o che vengono da noi per problemi strettamente legati al virus. Oltre a questo, esiste una parte dove facciamo servizio ambulatoriale e day hospital, e dove si sviluppano i sottosettori della pediatria: la dermatologia, la fisiopatologia respiratoria, l’endocrinologia, la neurologia e specializzazioni per tante altre patologie croniche per le quali i piccoli vengono seguiti in follow-up e monitorati nel tempo.

Vi occupate anche della cura di malattie rare?

Certo. Oggi sono un argomento particolarmente importante e attuale, ne conosciamo una buona percentuale soprattutto per quanto riguarda l’età pediatrica. Le malattie rare hanno spesso come causa una mutazione genetica, quindi un problema legato al DNA. Per questo i primi sintomi – soprattutto per quelle più invalidanti e severe – si manifestano già in età pediatrica. Seguiamo alcuni bambini che hanno malattie genetiche dovute all’alterazione di un enzima, come la mucopolisaccaridosi, o altre patologie importanti con la degenerazione del sistema nervoso centrale, come la malattia di Lafora. Sono tutte situazioni molto rare che devono essere seguite con molta attenzione.

È fondamentale che questo tipo di patologie sia individuato precocemente?

Certamente, prima si inizia una terapia, meglio è. Una diagnosi mirata e precisa in età pediatrica può far individuare una terapia adeguata, che può essere anche risolutiva. La prospettiva del bambino cambia notevolmente.

I vostri pazienti sono senza dubbio tra i più delicati da curare: qual è la difficoltà maggiore?

Quando un bambino si ammala, soprattutto se si ammala di una malattia importante o di una malattia cronica, c’è il coinvolgimento di tutta la famiglia e in prima battuta della mamma, ma non solo. Le ripercussioni vanno gestite con la stessa attenzione con cui si gestisce l’aspetto medico; dobbiamo essere in grado di gestire e analizzare in maniera concreta la situazione, così da andare incontro alle esigenze, alle paure e alle preoccupazioni di tutta la famiglia. È normale che di fronte alla diagnosi di una malattia complessa ci si spaventi.

I pazienti provengono anche da fuori regione?

L’ospedale di Perugia è un ospedale di terzo livello e la pediatria è un reparto in cui afferiscono la maggioranza dei casi di bambini umbri: qui vengono trasferiti da ospedali vicini per problematiche complesse. Poi c’è una percentuale non marginale di pazienti che arriva anche da regioni limitrofe.

Che età hanno?

Seguiamo bambini da 0 a 16 anni.

Ha qualche storia particolare da raccontarci?

Mi ricordo il caso di un bambino che era stato ricoverato in diverse strutture perché aveva delle febbri importanti e ricorrenti, ma nessuno capiva il perché di questa febbre periodica. Noi abbiamo valutato il caso, abbiamo fatto accurati accertamenti e scoperto che aveva una malattia genetica piuttosto particolare che dava infezioni ricorrenti. Con impegno siamo riusciti a trovare il bandolo della matassa e a curarlo adeguatamente.

Il lavoro del reparto, in questi due anni di pandemia, è stato rallentato?

Ci sono stati rallentamenti nell’attività ambulatoriale, perché – come è accaduto in tutti i reparti – è stata data la preferenza alla gestione dei bambini positivi al Covid; in più, nei lunghi periodi di lockdown, le visite e la gestione dei controlli a distanza è stata rallentata. Fino ad alcuni mesi fa sono stati ricoverati un notevole numero di positivi, anche 8-9 al giorno: fortunatamente l’infezione del virus in età pediatrica ha un’evoluzione abbastanza favorevole. La pandemia ci ha impegnato molto, abbiamo dovuto dedicare più energie a questa nuova malattia e ci siamo dovuti adattare a quanto accadeva.

A oggi, com’è la situazione?

La situazione è migliorata. Adesso abbiamo ritrovato un equilibrio e i casi di Covid sono fortemente diminuiti e scesi a 1-2 a settimana. Ciò ha permesso di distribuire meglio le nostre risorse e le energie, così da offrire nuovamente una buona ed equilibrata assistenza.

Siete anche un reparto universitario: quali sono le vostre altre attività?

Oltre all’attività di assistenza quotidiana, cerchiamo anche di portare avanti alcuni filoni di ricerca scientifica. Io ad esempio, mi occupo di neurologia pediatrica con particolare interesse all’epilessia. Questa patologia è piuttosto importante e frequente nei bambini e circa il 30% di loro mostra un’epilessia farmacoresistente: nonostante la terapia con farmaci antiepilettici, continuano ad avere crisi e non rispondono alla cura. Questa è una sfida importante da superare, occorre utilizzare degli schemi terapeutici complessi e dei farmaci di ultima generazione: da questo punto di vista la ricerca va avanti e si cerca di trovare nuove molecole che potranno – speriamo presto – ridurre la percentuale di casi. Questo è sicuramente uno degli aspetti più attuali su cui stiamo lavorando e che speriamo nei prossimi anni possa dare risultati concreti. La nostra attività di ricerca non è fatta in laboratorio su provette, ma direttamente sui problemi clinici dei bambini e proprio studiando quelli possiamo approfondire alcune tematiche e poi intervenire.
Inoltre, gli studenti di medicina fanno qui il tirocinio e osservano l’attività clinica di tutti i giorni. Per loro è un importante elemento di formazione e un’occasione per fare esperienza sul campo e visitare tutti i giorni, insieme a noi, i piccoli pazienti.


Alberto Verrotti 
Professore Ordinario
Pediatria Generale e Specialistica, Dipartimento di Medicina e Chirurgia
alberto.verrottidipianella@unipg.it

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