Il Cesvol Umbria, un punto di riferimento nel volontariato e nella promozione sociale. Ne parliamo con il presidente Giancarlo Billi

Nell’ambito dei servizi per il volontariato, il Cesvol riveste un ruolo fondamentale nella nostra regione, un vero punto di riferimento nel sostegno a tutte le attività delle Associazioni umbre, iscritte o meno nel registro del volontariato e della promozione sociale.

Per comprendere meglio l’attività del Cesvol e i molteplici ambiti in cui il Centro si muove, abbiamo parlato con il presidente Giancarlo Billi e con il direttore Salvatore Fabrizio.

Iniziamo con l’intervista al presidente Billi, chiedendo in primo luogo di spiegarci meglio che cos’è il Cesvol e quali sono le sue finalità.

Il Cesvol Umbria nasce dalla volontà di Cesvol Perugia e Cesvol Terni che, nel 2018, hanno trovato un accordo per riunirsi in un unico centro, che è il Centro Servizi del Volontariato della Regione Umbria. Dopo una fase provvisoria, siamo arrivati a una governance composta dal Consiglio direttivo, dall’Assemblea regionale, dall’ufficio di Presidenza formato da presidente, vicepresidente, direttore – Salvatore Fabrizio – e coordinatrice regionale, Silvia Camillucci.

Sia i consiglieri del Consiglio direttivo sia i componenti dell’assemblea regionale provengono in termini proporzionali dalle varie zone sociali, perché riteniamo che questa visione del territorio sia fondamentale per il Cesvol. Prima avevamo due realtà centralizzate, a Perugia e a Terni, oggi invece abbiamo Cesvol Umbria, con una condizione che guarda in maniera significativa e sostanziale al territorio.

Cosa fa il Cesvol? Il Cesvol dà supporto, orientamento, consulenza e assistenza qualificata, informazioni e comunicazioni, ricerca, documentazione e supporto tecnico a tutte le associazioni della Regione Umbria. Noi abbiamo delle associazioni che versano una quota, sono intorno alle 650-700 e costituiscono il Cesvol Umbria, ma diamo assistenza a tutte quante. Consideri che abbiamo in Umbria circa 1.500 associazioni che sono iscritte nel registro del volontariato e della promozione sociale; ci sono anche quelle che non sono iscritte che da un nostro monitoraggio risultano essere intorno alle 2.500.

C’è poi un organo territoriale che comprende sia la Regione Umbria sia la Regione Marche e abbiamo la nostra associazione nazionale che si chiama CSVnet.

Immagino che avrete delle collaborazioni e alleanze sia col terzo settore sia con le istituzioni locali.

Sì, oltre che con il Terzo settore che ha numeri piuttosto deboli, sviluppiamo collaborazioni e alleanze con una serie di soggetti terzi. Recentemente la Cgil ci ha invitati alla sua conferenza d’organizzazione, durante la quale abbiamo ribadito come ci possano essere collaborazioni tra il mondo del lavoro, e in generale dei diritti sociali, e noi che rappresentiamo un po’ i diritti civili. Sostanzialmente questi due mondi devono collaborare, in modo tale da poter sviluppare progettazione, visione e mobilitazione.

Altra testimonianza di collaborazione significativa, è quella con ANCI Umbria. Dopo numerosi contatti, i primi di dicembre del 2021, abbiamo fatto una convenzione, un protocollo d’intesa su tutta una serie di materie. Questo è stato molto significativo e dobbiamo dire che c’è da parte di Anci una sensibilità diversa. Insieme stiamo sviluppando una serie di iniziative sulla co-programmazione e co-progettazione, in linea con le indicazioni dettate dalla riforma del terzo settore, un’alleanza per la fase post pandemica e la condivisione di interventi finalizzati alla innovazione tecnologica e digitale.

Stessa cosa dicasi per la Zona sociale nel Trasimeno, dove con parte dei sindaci e insieme al capofila abbiamo stretto un accordo sugli impegni reciproci verso il territorio.

Per il resto, relativamente alle istituzioni, abbiamo più volte chiesto confronti, ma in questo periodo non abbiamo avuto molte risposte, probabilmente anche perché le priorità sono state spostate verso la crisi pandemica. Tuttavia ritengo che, come riconosciuto anche da Mattarella, Draghi e molti altri, il mondo del volontariato sia un pilastro fondamentale della convivenza civile e non possa essere trascurato.

Soprattutto in questo periodo nel quale il mondo del volontariato ha svolto e sta svolgendo un ruolo fondamentale… A questo proposito, come vi siete dovuti adeguare – anche da un punto di vista delle attività – a questa pandemia?

Prima di tutto abbiamo seguito tutte le indicazioni di carattere nazionale e abbiamo adeguato la nostra struttura alle nuove esigenze, adottando misure precauzionali come lo smart working. Inoltre abbiamo fatto delle indagini in tutte le nostre associazioni per reperire bisogni e necessità: hanno risposto circa 450 associazioni che richiedevano tutta una serie di attività e, dato che noi abbiamo un pilastro fondamentale basato sulle quattro R – Riformarsi, Rinnovarsi, Relazionarsi, Ripartire – abbiamo riempito queste parole di contenuti, dando supporto a queste richieste. Per esempio sul piano della ricerca dei volontari, abbiamo avuto 150 richieste di giovani e meno giovani che vogliono collaborare con il mondo del volontariato.

Abbiamo ulteriormente rilanciato sulla programmazione 2022 e abbiamo avuto oltre 300-350, indicazioni su quello che dovremmo sviluppare nell’anno 2022, sempre nell’ambito delle linee guida che ci arrivano dall’organo nazionale.

Ci siamo adeguati, non abbiamo mai chiuso, anche se le attività dell’associazionismo sono state logicamente ridotte, specie per quanto riguarda quelle ludiche. Molte associazioni che si finanziavano tramite questo tipo di attività stanno soffrendo, mentre altre hanno sviluppato maggiori attività, nate dai bisogni che i cittadini hanno espresso. Molte associazioni infatti si sono dedicate ad attività utili alla cittadinanza come portare la spesa, i farmaci, ecc…

Una nota conclusiva?

Sì, volevo concludere sottolineando che pur riconoscendo la bontà di avere 2.500 associazioni, c’è da dire che l’80% sono molto piccole. Se da una parte è importante il grande attivismo che c’è in Umbria – un esempio anche a carattere nazionale – c’è bisogno di costruire reti territoriali. Reti che, sfruttando anche le risorse del PNRR, possano costruire progetti non solo nella zona sociale, ma anche in territori più ristretti, mettendo in relazione il pubblico e il volontariato, e che possano costruire una progettualità di territorio. Ritengo che questo sarebbe molto importante: bisognerebbe passare dall’IO associativo a un NOI associativo, per costruire sostanzialmente quella reciprocità che ci possa permettere di individuare obiettivi più avanzati e ambiziosi. Abbiamo chiesto alla Regione di orientare i progetti in questo senso, ma non abbiamo avuto ancora una risposta. Ripeto, pur comprendendo il periodo particolare che stiamo attraversando, ritengo che questa non possa essere una questione da mettere in riserva.

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