Non appena terminata la tavola rotonda sull’endometriosi promossa dall’associazione Love Life in collaborazione con Le Fucine, abbiamo avuto il piacere di intervistare la ginecologa Nadia Cherli: “Dottoressa, abbiamo affrontato molte sfaccettature dell’endometriosi durante l’evento. Qual è il problema e l’impatto che questa malattia ha sia sulla società sia sulla vita delle donne? Il Progetto di Love Life ” Dolore Piacere” è un progetto olistico che vede coinvolte molte figure professionali collaborare sul tema dell’endometriosi cercando di dare così un supporto a tutto tondo alla paziente. In realtà poi, nella vita reale, quanto , è difficile trovare professionisti in grado di collaborare come avete fatto voi con Love Life e fornire supporto alle donne affette da endometriosi? ” Innanzitutto, vorrei dire che sono lieta di questa domanda perché era il focus del mio intervento durante la tavola rotonda. Tutto ciò che è stato fatto finora è sia tanto che poco, ma comunque è stato fatto. Direi che quello che dobbiamo fare è ciò che è possibile fare. Ci sono due cose fondamentali: la prevenzione e l’informazione. Perché ci possa essere prevenzione, deve esserci informazione, che rappresenta la forma più alta di prevenzione. Quindi, è necessaria una comunità sanitaria allargata, con una multidisciplinarietà che coinvolga diverse figure professionali. Questa malattia è multifattoriale e multiviscerale, quindi non può essere affrontata da un solo professionista. È necessario che i medici si aggiornino e che cresca la consapevolezza dell’importanza della multidisciplinarietà e dell’interdisciplinarietà. La donna deve essere accolta in un primo livello, dove viene considerata anche per il suo dolore, e successivamente deve avere accesso a percorsi chiari e accessibili sia per le donne sia per i professionisti di secondo e terzo livello, dove avverrà un management corretto delle donne. Questo sarà possibile solo se la comunità sanitaria sarà più rappresentata, coinvolgendo medici di base, ginecologi e altre figure prioritarie. Inoltre, dobbiamo modificare il paradigma narrativo, diventando più flessibili e individuali nell’informazione, tenendo presente che i bisogni delle donne cambieranno nel tempo. Infine, è importante avere centri di secondo e terzo livello che attualmente mancano nella nostra regione, e dobbiamo porre questa richiesta alle istituzioni competenti. La strada è lunga, ma è fondamentale lavorare insieme per migliorare la gestione dell’endometriosi e fornire alle donne il supporto di cui hanno bisogno.”
Intervista Esclusiva alla Dottoressa Cherli dopo la Tavola Rotonda sull’Endometriosi
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